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Canova e il Neoclassicismo

Il movimento culturale e artistico che a partire dalla metà del Settecento, per reazione al gusto tardo barocco e rococò, si diffuse in tutta Europa e oltreoceano, con il nome di Neoclassicismo, ebbe uno dei suoi massimi esponenti nello scultore veneto Antonio Canova.
Nato a Possagno, sui colli del Trevigiano, nel 1757, iniziò a soli nove anni l'apprendistato presso la bottega veneziana di Giuseppe Bernardi detto il Torrettino, per poi aprire, appena diciassettenne, un proprio studio, avviando così un'attività destinata a riscuotere grandissimo successo in laguna.
La sua fama si diffuse ulteriormente dopo il trasferimento dell'atelier a Roma, che gli procurò una serie di incarichi a livelli altissimi, per papi, imperatori, principi e aristocratici di tutta l'Europa. Il personale prestigio, acquisito grazie alla generale stima di cui godeva la sua opera, ne fece inoltre una figura di riferimento imprescindibile per l'ambiente intellettuale del tempo, e una delle voci considerate più autorevoli in materia d'arte: grazie al suo intervento diplomatico dopo il Congresso di Vienna ritornarono a Roma le numerose opere razziate da Napoleone, e secondo il suo suggerimento vennero lasciati intatti, senza restauri integrativi, i marmi del Partenone portati a Londra da Lord Elgin, per i quali Canova espresse un'ammirazione sconfinata.

 

Antonio Canova, Venere e Marte. Possagno (TV), Gipsoteca Canoviana

Antonio Canova, Venere e Marte. Possagno (TV), Gipsoteca Canoviana
(foto Fondazione Canova, Museo e Gipsoteca Antonio Canova Possagno)

Il confronto con l'antico fu una costante fondamentale in tutta la produzione dello scultore, che si dichiarava però interessato non tanto a imitare pedissequamente, quanto piuttosto a ricreare la grandezza delle testimonianze lasciate dal mondo classico. Così Canova poté trarre un'autentica ispirazione da quella prassi di studio dell'antico che rappresentava un momento obbligato nell'esperienza formativa di ogni artista, cui si dedicò dapprima a Venezia, soprattutto grazie ai gessi della galleria Farsetti, poi presso le principali raccolte statuarie romane, sui modelli che i nuovi orientamenti estetici celebravano come esempi assoluti di perfezione. E, per meglio infondere nuova vita nelle sue creazioni, lo scultore prese l'abitudine di farsi leggere a voce alta, mentre era al lavoro, i testi degli autori classici pertinenti al soggetto dell'opera che di volta in volta andava realizzando.
Nel dialogo con l'antichità il talento di Canova trovò dunque la via per esprimere una particolare, inconfondibile cifra stilistica, che di fatto influenzò moltissimo tutta la sensibilità e il gusto neoclassico, fissando una serie di parametri formali con cui si sarebbero misurati gli scultori delle successive generazioni.